IL BLOG UFFICIALE DEI SEAMEN MILANO

sabato 7 dicembre 2013

EFFETTO TEBOW


Tim Tebow.

Secondo una statistica statunitense sono le due parole più cliccate su google del 2013. Tim Tebow non è semplicemente un giocatore di football, è un personaggio con una fama enorme in tutto il mondo della "palla lunga un piede". Magari chi non segue il football o non conosce le vicende oltreoceano non ha la minima idea di chi sia o cosa abbia fatto, è bene dunque farne una piccola presentazione. 

Tim nasce nelle Filippine nel 1987 da Pamela e Robert Tebow, due missionari battisti emigrati nel paese asiatico per annunciare il Vangelo. Durante la gravidanza, Pamela scopre che potrebbero esserci serie complicazioni per il futuro nascituro e che il rischio di aborto è alto. Confidando nel Signore decide di portare avanti il percorso e il piccolo Tim nasce in perfetta salute. Tornato negli USA, il giovane Tebow si appassiona molto presto al football e grazie ad un fisico prestante e a buone dote atletiche sceglie di giocare al college nei Florida Gators, team appartenene alla SEC e allenato da Urban Meyer.

Il primo anno fa il backup, ma dalla gara contro Southern Mississippi, in cui decide con una corsa una partita fino a quel momento in bilico, la sua carriera universitaria raggiunge vette difficilmente eguagliabili da altri. Nel 2006 e nel 2008 vince, con i suoi Gators, il BCS Championship e nel 2007 viene votato come miglior giocatore universitario e riceve il prestigiosissimo Heisman Trophy con 254 punti di vantaggio rispetto al secondo classificato. Oltre che per i suoi successi in campo, il personaggio di Tim Tebow inizia ad essere costruito dai media anche fuori di esso. Diventano famosi i suoi gesti prima delle partite, nei quali si inginocchia a bordo campo e prega. Il rituale diventa tanto famoso che un giornalista conia il nome: "Tebowing". La NCAA tiene gli occhi puntati sul ragazzo e introduce addirittura la "Tebow Rule", con la quale viene impedito ai giocatori di applicare il cosidetto "eye black", il grasso nero che serve a proteggere gli occhi dei giocatori dai riflessi del sole. Tebow era solito scriverci sopra dei versetti biblici legati a temi quali la redenzione, gloria, forza, sacrificio, Davide e Golia.

La sua carriera in NFL non ha altrettanta fortuna. Viene scelto al primo giro del draft 2010 dai Denver Broncos, con cui passa due anni nei quali alterna prestazione opache a gare straordinarie. Dopo essere stato rilasciato dai Broncos, che volevano accaparrarsi Peyton Manning, passa ai disastrati Jets ed inizia la sua parabola discendente che lo vede uscire dalla lega professionista america nel settembre 2013. Ed è pochi mesi dopo che i destini di Tebow e dei Seamen si intrecciano.



Come un fulmine a ciel sereno, nel mezzo di questa fredda settimana dicembrina, rimbalza la notizia della proposta del Presidente Federale all'agente di Tebow. I Seamen vengono da subito coinvolti e considerati la squadra in prima linea per accaparrarsi le prestazione del ventiseienne americano. Sito impazzito, social proiettati su di noi, ilarità nel cercare di capire che tipo di football viene giocato in Italia. Ma perchè proprio i Seamen? Non lo sappiamo, ma è da sempre nel DNA Blue Navy riuscire ad attrarre le attenzioni dei media.

Fortuna? Bravura degli addetti stampa? Dei giocatori? Della dirigenza? Sappiamo solo che, dopo la proposta di Leoluca Orlando all'agente di Tim Tebow, la Repubblica prima e la Gazzetta dello Sport dopo, sono stati il trampolino di lancio per l'interesse della Associated Press. Si è scatenato un tam-tam mediatico incredibile in tutto il mondo del football americano, tutti, dal New York Post ad ESPN fino al sito ufficiale della NFL hanno parlato dei Seamen. Ora tutto questo potrà sembrare una provocazione, ma di certo la misura dell'eco che questa notizia poteva produrre nel mondo della palla "lunga un piede", nè Orlando, nè Dewar, nè tantomeno Marco Mutti avrebbero potuto aspettarselo.

Ora attendiamo la risposta dell'agente e, se dovesse accettare, diventerebbe una grande attrazione mediatica e la futura icona del football italiano, sperando anche che faccia da apripista ad altri campioni come lui, ritenuti inadeguati in NFL, ma che da noi porterebbero spettacolo, interesse e molta più professionalità.