Marco Mutti, 52 anni, una passione per il football
e per il Blue Navy. A 19 anni è uno dei fondatori dei Seamen e dal 31 marzo 2009, giorno
della rifondazione, viene eletto presidente dei Seamen e oggi è al terzo
mandato.
Seamen da sempre, capitano prima e Presidente oggi.
Innanzitutto mi chiamo Marco, presidenti sono altri, io sono un appassionato, tifoso e mi sento piu il Capitano dei miei Seamen che il Presidente. Un ruolo che mi lusinga, ma che alla fine mi chiude in quello che è la passione per la squadra, e per le soddisfazioni che ci regala.
Raccontaci la tua carriera da giocatore e quando ti hanno dato la fascia di capitano.
Ero un giocatore mediocre. Nel 1981 ho iniziato da tight end e, a forza di hamburger, patatine e palestra sono passato da 82 chili a 110 e da quel momento mi sono spostato in linea d'attacco, prima tackle e poi centro. Nel 1985 mi hanno detto "Marco Speaking Captain" e da allora non ho più mollato la fascia, almeno nel cuore. Poi nel 1987, tornato da militare, dove comunque non ho mai perso una partita, e dopo aver perso 12 chili, Vic Dasaro mi ha ridato la posizione di tight end, che sentivo particolarmente. Quell'anno fu fantastico, arrivammo al Super Bowl di Rimini con Bruce Malpica, coppa QB, ma fu l'anno di Frasco e a 40 secondi dalla fine salutammo il Super Bowl contro i Frogs 27 a 24, ma la soddisfazione più grande fu la chiamata con il Blue Team in Finlandia con un gruppo magico di atleti e un'alchimia unica. Diventammo campioni d'Europa contro la Germania, addirittura da starter! Un sogno, il secondo Super Bowl nell'89 a Parma, l'addio dei Seamen nel '90 dopo ben 117 partite con solo una saltata. Passai nel 1992 con i Pharaones, Blue anche loro, e finalmente vinsi un Super Bowl con head coach Gigi Bravin e miei compagni Luca Bellora e Paolo Mutti, con loro anche in Finlandia, e con loro al Super Bowl lo scorso anno.
Perchè ancora Seamen dopo 19 anni?
Non so perchè, ma è venuto spontaneo dopo una cena "amarcord" da Gunnar Cautero grazie a Facebook. Era il 23 dicembre 2008, eravamo una trentina e li nasce l'idea di trasmettere i valori del football che ci avevano legato e da li la voglia di creare di nuovo, dalla filosofia del mare, i Seamen, anche se potevamo chiamarla in modi diversi. Eravamo quasi tutti reduci da altri team, ma i Seamen erano il gruppo che ci accomunava, e così, il 31 marzo 2009, da Pane e Farina, locale dove naquero i primi Seamen, ci ritroviamo e mettiamo la firma sul documento che da il via alla nuova società, con uomini diversi, ma con la passione immutata, e mi fanno Presidente.
In cinque anni dalla Flag al Super Bowl.
Ebbene si, i primi passi fatti al Forza e Coraggio, con 10 ragazzi che facevano Flag, tutti figli di amici, e poi la voglia di sentire il rumore dei caschi, e da li il camp con Lou Buschi che arriva Milano insieme a Joe Knoll. Imbastiamo una squadra sulle fondamenta degli Unni, la squadra che Vismara aveva portato a vincere il campionato Under 17 l'anno prima, 23 ragazzi iniziano il campionato Under 18 a ottobre 2009, da allora è successo di tutto, 4 scudetti giovanili, un campionato Lenaf con scapoli e ammogliati in squadra, un gran record, lo 0/8 non proprio da invidiare, ma fu una grande esperienza, e poi il salto in IFL, perchè eravamo sicuri che li era il nostro posto, un gruppo di soci fantastico, un gruppo di giocatori che ogni giorno si ampliava e modificava. Poi, dopo la sconfitta contro i Warriors, ecco la vittoria contro i Rhinos nel Derby per 33 a 31, indimenticabile. Andammo sul 3/1 e nessuno sembrava fermarci, poi invece un bel 0/5 e ritornammo con i piedi per terra. L'anno successivo 0/3 e poi ancora la sconfitta 34 a 33 contro i Rhinos e fu la partita piu drammatica della mia vita, un pò per la sconfitta, ma soprattutto per la perdita di Joe Avezzano quattro giorni dopo. Da quel momento la consapevolezza del gruppo è cambiata, si è cementato uno spirito di squadra fantastico, fino al Super Bowl dello scorso anno, raggiunto con i denti e le unghie, perso, ma con il sorriso sulle labbra.
Parte il campionato 2014, con che ambizioni?
Le stesse dello scorso anno, si gioca partita per
partita con la voglia di vincerle tutte, e tirare fuori il massimo ogni volta
da questo gruppo magico di ragazzi, che continuo a ringraziare per la forza, la
passione e la dedizione. Sarà un anno sicuramente divertente e carico di
aspettative, i due ragazzi che quest'anno ci aiutano sono completi, possono
giocare attacco e difesa entrambi. Dally è uno scramble quarterback e anche un grande running back, le sue option sono esattamente quello che cercavamo,
completamente diverso da Jordan, un tipo di giocatore "tutto braccio". Invece Hilliard è un safety velocissimo e punitivo, oltre a essere un running back potentissimo, i
suoi 4.4" sulle 40 yard
si vedono e si sentono. Poi abbiamo come starter solo cinque ragazzi in attacco e cinque in difesa rispetto allo
scorso anno per cui tutto modificato.
Campagna aquisti imponente quest'anno.
Direi campagna di adesione al progetto piu che
campagna acquisti. Il lavoro dei coach e di Tato Zamichieli è stato certosino,
trovare i ragazzi giusti che si inserissero nel nostro sistema e nella nostra
mentalità senza subire sconquassi. Posso dire che mi sembra di conoscere i
nuovi arrivati da sempre, sono entrati con umiltà e passione e sono stati
accolti con umiltà e passione, parliamo tutti la stessa lingua e tutti abbiamo
la stessa filosofia, ora tocca a noi far vedere quanto valiamo, soprattutto a noi
stessi. Ci sarà un americano in meno in campo, ma la crescita di tasso atletico
e tecnico costruito con il nostro coaching staff, in questi cinque mesi, è stato
impressionante. L'inserimento di Maurizio Colombo, Luca Bellora, Mauro
Salvemini in un coaching staff collaudato e piu che rodato ha dato ancora di
piu entusiasmo al gruppo. Massimo D'Alessandra è il 14° coach di una
squadra che deve essere guidata da un direttore d'orchestra, e Paolo è
sicuramente all'altezza, magari non con l'esperienza di Papoccia, ma è un
passionario del football e insieme a Gigi Bravin, a Luca Lorandi e Maurizio
Colombo, che oltre alle capacità hanno un cuore enorme.
La
IFL in crescita di squadre e di interesse.
La prima divisione è da sempre la cartina
tornasole degli sport, aver scelto di passare da 2 giocatori USA in campo ad uno
solo voleva essere un piccolo incentivo per chi voleva confrontarsi in un
campionato con giocatori americani. Uno in campo è troppo poco per capire se il
livello atletico e spettacolare rimane invariato. Sicuramente si è data una
risposta a chi non voleva i punteggi terminare 78 a 64, ma nemmeno lasciarli
sullo 0 a
0; il compromesso di quest'anno metterà alla luce tanti talenti italiani. Sono
però contro l'appiattimento verso il basso, il football deve avere stadi
adeguati e il contorno per crescere, dobbiamo essere tutti all'altezza delle
richieste degli spettatori, e se ci riusciamo...
Cosa ti aspetti sabato sera per il kick-off?
Lo stesso pubblico di cinque mesi fa, nella finale
dell'Italia contro la
Danimarca agli Europei. Lo stesso spettacolo, lo stesso feeling tra atleti
e pubblico. Sarà una bella serata, prevista anche calda, la festa delle donne
farà il suo contorno con le nostre Cheer che verranno premiate per la vittoria
ai Nazionali di Bologna. Insomma mi auguro che tutto fili per il verso giusto e
che sia questa una partita che faccia innamorare il pubblico per quello che,
secondo me è, lo sport più bello al mondo.