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martedì 21 gennaio 2014

AMERICAN DREAM - IL RACCONTO DI ALESSIO CAVALLINI

Inizia oggi un viaggio all'interno del sogno americano vissuto dai nostri ragazzi della under 19. Cinque membri dei Seamen vice-campioni d'Italia, hanno raggiunto gli USA e, in particolar modo, la Florida per vivere un'esperienza unica, dal 4 all'11 gennaio 2014, che gli messi direttamente a confronto con ragazzi di tutto il mondo che amano e praticano il football americano. Un diario di bordo che si articolerà in cinque parti, corrispondente ad ognuno dei nostri cinque giovani marinai. Il primo a raccontare la sua esperienza è Alessio Cavallini


"L’esperienza in America non è stata di una sola settimana, si costituisce infatti di tre momenti. Il primo è la preparazione mentale e fisica durante i giorni che precedevano il volo; il secondo è il vero e proprio allenamento dal 4 all’11 gennaio ed il terzo sono le conclusioni finali. Andando con ordine, direi che l’allenamento in vista della settimana in America non sarebbe potuto essere più completo ed intenso, in quanto la finale under 19 del 22 dicembre era appena stata giocata ed ero reduce da un infortunio alla caviglia destra che, ancora adesso, mi porto dietro. 

Nel frattempo però, avevo visionato diversi video riguardanti la “IMG Academy”, il luogo nel quale saremmo andati, ed ero rimasto sorpreso del livello tecnico-fisico-atletico dei ragazzi di tutto il mondo. Rimaneva quindi una sola cosa da fare: andare lì e spaccare. Il viaggio, per quanto figo, ha subito un ritardo di sette ore e, dopo 24 ore di volo, siamo giunti stanchi a destinazione, tant’è che ci hanno concesso di riposare la mattina. 

Si arriva all’allenamento. Da subito ho notato quanto fossero imponenti alcuni giocatori, una prestanza fisica che non ho mai visto in una partita giovanile (eppure hanno la nostra stessa età), ma contrariamente alle mie aspettative, non c’era così tanta differenza tra me e gli altri quarterback, anzi, atleticamente e fisicamente ero tra i migliori, ma tecnicamente no. Dopotutto mi allenavo con gente che praticava 5-6 sessioni di allenamento a settimana e non 2-3 come me. L’allenamento era costituito da una fase di “conditioning”, nella quale sviluppavo capacità di equilibrio statico e dinamico (molto importanti per il football e mai fatte prima d’ora), e una da una di allenamento, diviso a sua volta in drills e scrimmage. A tutto questo seguiva la visoni dei filmati che registravano il nostro allenamento, la spiegazione degli errori e cosa fare per evitarli e migliorarsi. La stessa cosa veniva poi fatta, nello stesso modo, al pomeriggio. Infine si andava a casa per le 20.00 e si filava dritti a letto per svegliarsi alle 7.00, pronti per un nuovo allenamento. 

Giungiamo quindi alle conclusioni. La settimana è stata molto produttiva, penso che allenarsi con gente di livello, talvolta anche molto più bravi, sia utile ai fini della crescita individuale. I coach erano sempre a disposizione per la spiegazione tecnica, ma anche per questioni personali. Ho notato in me un gran miglioramento, dal rilascio del pallone alla lettura del gioco, e mi è stato confermato anche dai coach. Sono contento di aver dato una buona impressione agli allenatori, non ci credevo all’inizio! Inoltre devo ammettere che una settimana di allenamento così è stata come sei mesi di allenamento normali. L’unico rimpianto è quello di non essere riuscito a dare il 100% nei test atletici, a causa dell’infortunio e della stanchezza, ma rimango comunque soddisfatto per i risultati.

Consiglierei a chiunque di fare questa esperienza, perché lascia veramente il segno. Essere indipendenti, allenarsi molto e bene, parlare inglese (soprattutto), stare in mezzo a persone di mille altri paesi per un settimana, fa crescere molto.

Concludo con una nota, forse la più importante: l’Italia ha migliorato notevolmente il proprio livello e penso che manchi solo un pizzico di tecnicità in più per renderci a tutti gli effetti competitivi."